Fermarsi per guardare dall’esterno quello che si è fatto è fondamentale per poter individuare punti di debolezza e migliorare la propria comunicazione digitale
Aziende ed esperienze online
Negli anni ho incontrato oppure osservato molte aziende che non si “fidano” completamente della comunicazione digitale e quindi non investono in modo strutturato su di essa. I motivi possono essere diversi ma possono essere raggruppati in 3 gruppi:
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- Aziende che hanno investito in pubblicità e/o piani editoriali e non hanno raggiunto chiara consapevolezza dei risultati ottenuti. Vale a dire che non hanno ben chiaro se siano soddisfacenti o se forse avrebbero potuto ottenere di più.
- Aziende che non hanno mai realmente investito o l’hanno fatto in modo sporadico e non strutturato, ad esempio spendendo qualche euro di pubblicità qua e là oppure utilizzando social, email marketing e altro in modo insufficiente e/o inefficace oppure in modo discontinuo.
- Aziende profondamente deluse dal web perché semplicemente hanno creduto a pseudo-guru che promettono guadagni automatici senza sforzo, a patto che prima si compri il loro libro (con la formula magica) o i loro corsi per imparare il “trucco” da copia-incollare e che renderà tutti ricchi. Illusione.
Tralasciando questo terzo gruppo che rappresenta il più delle volte imprenditori truffati da furbastri del web, veniamo al resto.
Per deformazione professionale ho la tendenza a osservare e analizzare quello che le aziende pubblicano su social come Facebook o LinkendIn e ci sono delle costanti che vedo ripetersi in molti post che leggo.
1. Sindrome della celebrazione
Questa settimana i nostri commerciali sono stati impegnati nella formazione interna” oppure “interessante testimonianza del CEO dell’azienda XYZ sul tema del project management per le PMI” o ancora “Ieri si è svolta la convention aziendale per condividere con tutti i collaboratori le linee di sviluppo commerciale per il 2019” [Foto allegate]
Mettiamoci nei panni di un potenziale cliente che segue su social queste aziende e poniamoci questa domanda: “Mi interessa avere queste informazioni?” oppure “quali vantaggi/informazioni mi offre questa comunicazione?”.
La risposta è: ZERO. Al massimo posso avere una buona impressione perché l’azienda in questione offre opportunità di sviluppo delle competenze dei dipendenti o che si impegna per organizzare eventi con clienti e partner per condividere esperienze.
Ma detto questo, l’informazione che mi viene offerta è priva di contenuto e semplicemente occupa uno spazio nello stream del social che sto consultando.
2. Sindrome del complimento
“Ho appena finito di leggere il libro di @xxxxxxx. E’ meraviglioso, grazie per gli spunti di riflessione che mi hai offerto”.
Quali sono gli spunti di riflessione?
Nel migliore dei casi un post di questo tipo può attivare un po’ di visibilità al profilo che lo pubblica perché viene citato un autore, che probabilmente ha grande visibilità. Ma la condivisione di questo post non offre nulla, nessuno spunto, nessuna informazione che possa indurre il lettore ad approfondire un tema o anche ad acquistare il libro che viene citato.
Qual è il contributo di condivisione che viene dato alla community? Nessuno. E’ una pura lusinga all’autore, gratificante, certo, ma niente di più.
3. Sindrome del “non dire che non te l’avevo detto”
“Guardate cosa dice [XYZ] a proposito della normativa GDPR”
Il post quindi riporta un link che rimanda alla pagina principale delle FAQ che contiene decine di domande e risposte tra le quali dovete mettervi a cercare quella a cui si riferiva il testo del post
In altre parole il contributo offerto da questi post è del tutto inutile perché non arricchisce chi lo legge e non offre uno spunto o la chiave di lettura che l’autore del post avrebbe potuto presentare, anche se in sintesi. Insomma ancora una volta un post inutile nello stream.
4. Promo forever
[Foto curata con brand in evidenza]
La nostra azienda offre servizi di […] per dare alla clientela il massimo supporto per migliorare le performances in ambito […]” oppure “Mettiamo a disposizione della clientela la nostra altissima professionalità in ambito […]”
Ancora una volta non veicoliamo informazioni utili o argomenti o un punti di vista che possano arricchire l’esperienza di chi legge, ma semplicemente utilizziamo i social come se fossero i depliant del supermercato: rimane appoggiato sul mobile nell’ingresso di casa e dopo 1 settimana finisce nel cestino della differenziata. Con la differenza che la vita media di un post è molto più bassa.
Rendersi utili con informazioni specifiche
Piani editoriali di questo tipo sono tipici delle aziende che improvvisano in casa la gestione social e blog oppure sono tipici delle aziende che esternalizzano questo tipo di lavoro ma senza definire assieme al fornitore obiettivi e priorità da raggiungere, che generalmente dovrebbero essere di carattere informativo e in ultima istanza di carattere commerciale.
In definitiva, spesso, una volta intrapresa una strada di questo tipo le aziende difficilmente valutano i risultati ottenuti e raramente si fermano a fare il punto della situazione per elaborare eventualmente strategie diverse e modalità diverse di costruzione della propria presenza sul web.
Quindi che fare?
Forse hai il dubbio se sia corretto fare o meno pubblicità. O su come farla. O ancora potresti non avere ben chiaro come definire l'audience a cui rivolgerti.
Può essere utile fermarsi e fare il punto della situazione.
Per aiutarti in questo ho preparato un tool di autovalutazione (2 minuti) che ti consentirà di delineare in modo sintetico la tua situazione. Al termine riceverai indicazioni personalizzate utili e da mettere in pratica subito per cominciare a migliorare la tua strategia di comunicazione.